| Cerbero, fiera crudele e diversa, con tre gole caninamente latra sovra la gente che quivi è sommersa.
Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra, e 'l ventre largo, e unghiate le mani; graffia li spirti, ed iscoia ed isquatra.
Urlar li fa la pioggia come cani; de l'un de' lati fanno a l'altro schermo; volgonsi spesso i miseri profani.
Ecco cosa ci aspetta secondo Dante.
Sì come i peregrin pensosi fanno, giugnendo per cammin gente non nota, che si volgono ad essa e non restanno,
così di retro a noi, più tosto mota, venendo e trapassando ci ammirava d'anime turba tacita e devota.
Ne li occhi era ciascuna oscura e cava, palida ne la faccia, e tanto scema, che da l'ossa la pelle s'informava.
Non credo che così a buccia strema Erisittone fosse fatto secco, per digiunar, quando più n'ebbe tema.
Io dicea fra me stesso pensando: 'Ecco la gente che perdé Ierusalemme, quando Maria nel figlio diè di becco!'
Parean l'occhiaie anella sanza gemme: chi nel viso de li uomini legge 'omo' ben avria quivi conosciuta l'emme.
Chi crederebbe che l'odor d'un pomo sì governasse, generando brama, e quel d'un'acqua, non sappiendo como?
Già era in ammirar che sì li affama, per la cagione ancor non manifesta di lor magrezza e di lor trista squama
E questo aspetta a chi riuscirà a pentirsi...
|